L'ISOLA

Anno:
1968
Durata: 56 min
Copyright: Alberto Cima

Regia: Alberto Cima
Soggetto, fotografia, montaggio: Alberto Cima
Suono: Vincenzo Maniscalco

Interpreti:
Mauro Barcellandi,
Paola Ratti, Milly Corica, Fernanda Nodari, Vincenzo Maniscalco, Edda Manenti, Mario Carraro, Antonia Taglietti.

Musiche scelte da Costanzo Gatta e Bruno Provezza

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Trama:

Un giovane universitario alla disperata ricerca di un senso, nella vita, nella società, in se stesso, proteso a captare i segreti messaggi irradiati da un corpo, uno sguardo, un fiore.

Critica:

Luigi Serravalli
Montecatini 11 luglio 1968
L'isola di Alberto Cima 8 mm. B.N. Soggetto del C.C. Brescia.
L'autore che ci dicono assai giovane, è affascinato da un ricco mondo di cultura letteraria e cinematografica: citerei Jyce, Becket, Bellocchio, Bernanos, Allain Robbe-Grillet e moltissimo cinema fra cui "Il mondo alla rovescia".
Alberto Cima vuole descrivere la vita, le giornate di un giovane preso dalla alienazione del mondo moderno, un giovane chiuso nel solipsismo del suo io che tende ad esaltare gli atti più semplici della sua vita. Fuma la pipa, si denuda, ha incontri con donne, consuma il suo tempo passeggiando; tempi lunghi e tempi brevissimi. Cose importanti che si svolgono in pochi attimi e poi le lunghe ore sulle panchine ad autoauscultarsi, a cadere in una forma di narcisistico pessimismo, e contemplarsi attraverso la mitizzazione dell'io sofferente. Insomma questo giovane, come il Bloom di Joyce, si aggira per la sua città, preso nel giro di avventure impossibili ed insignificanti, convinto della propria nullità ed impotenza. C'è una derivazione lontana da Dostojewski, padre di questi "sradicati" e un contrasto fra realtà e sogno. Il pubblico ha rumoreggiato ma, secondo noi, a torto.

Il film è inconsueto per Montecatini, ma non nei tentativi delle avanguardie, il linguaggio è aperto come in certi autori della scuola di Palermo o del gruppo '63. Aperto ma non tanto da essere incomprensibile. Il film è zeppo di belle cose, in questo personaggio un po' alla Lou Castell. Ma Alberto Cima sa assimilare gli incontri e farne cosa sua. Vogliamo ricordare la sequenza del vecchietto traballante che appare e scompare nel viottolo simbolo delle tante esperienze inconsuete di cui è tessuta la vita. E così pure quando il giovane sbriciola fra le dita pezzi d'un fiore, le dita stesse, certi primi piani. Tutta la scena accanto al fuoco, piena di una disperata sete di affetti, sete che si fa poesia.
Certe lentezze, come i passaggi fulminei alla Godard, si giustificano nelle necessità del racconto. L'isola è fra i migliori film apparsi in Concorso.

Egisto Squarci
Provocazione e contrasti al concorso del film d'amatore.
Un'ora di fischi, grida scomposte, imprecazioni, invocazioni di linciaggio (morale) e, per contrasto, manifestazioni di consenso violento, di applausi, di esaltazione in senso positivo: il concorso per il film d'amatore a Montecatini Terme si è spezzato in due per la prima pellicola di rottura (il termine è pertinente): L'isola di Alberto Cima studente universitario di Brescia. Il dissidio di opinioni è stato vigoroso, ha coinvolto critici, giornalisti, cineamatori, pubblico. I sessantaquattro minuti di pellicola hanno suscitato così la migliore reazione nella quale possa sperare ogni autore di opere di provocazione. Questa parla di un giovane dissociato, incapace di inserirsi positivamente nel mondo. E' al limite della paranoia, è un isolato, è tormentato dal sesso nel quale però non riesce a trovare alcuna risposta alla sua insoddisfazione, nonostante una buona quantità di esperienze descritte con la forza di immagini veriste. La sregolatezza di carattere, la pignoleria dei gesti comuni sono ripetute, filmate con abbondanza minuziosa di dettagli fino a raggiungere un effetto esasperante. C'è costante impegno culturale.

Mario Quargnolo
Montecatini '68
Il diciannovesimo festival del cinema d'amatore sarà ricordato come il festival dell'Isola di Alberto Cima? Probabilmente sì, salvo non prevedibili interventi dell'ultimissima ora. Come è noto, il film di Cima è stato accanitamente attaccato e difeso nel corso della proiezione, ed era inevitabile che facesse la parte del leone nella tribuna libera indetta nel contesto del Festival. Cima, invero, ha assistito con l'impassibilità di un dio asiatico al contrastare delle opinioni, del resto non ci sembra opportuno che un autore fornisca cifre o chiavi per interpretazioni. Ha aperto la discussione Serravalli il quale ha difeso il film "opera di rottura", "chiara denuncia in senso morale", "ritratto di una non vita" che dimostra nel giovane Cima una notevole preparazione cinematografica e letteraria.
Cima intanto è l'uomo del giorno a Montecatini. Tutti lo vogliono, tutti se lo contendono. Le vecchie glorie, che temono di essere cacciate dal nido, lo guardano perplesse.

Bruno Brunori
La storia si ripete.
Questa sera, durante la cerimonia di premiazione, assisteremo probabilmente alle solite proteste, ascolteremo i soliti fischi e i soliti commenti negativi. Tutto come sempre. C'è solo da augurarsi che l'opera premiata questa sera (e probabilmente fischiata dalla sala) abbia la fortuna che hanno avuto tutte le opere fischiate dalla sala, qui a Montecatini. Opere che, a distanza di anni, appaiono oggi ancor valide: anzi sono opere attuali, perché quando erano state realizzate, precedevano i tempi sia come linguaggio che come contenuto.

Claudio Bertieri
Una censura ottusa e rassegna valida.
L'istituto censorio interviene sconsideratamente per vietare la visione del film L'isola di Alberto Cima solo due mesi prima ritenuto non perseguibile dallo stesso organo. Veti e blocchi colpiscono unicamente un certo tipo di cinema: un cinema d'autore che non accetta di essere consumato nell'indifferenza. Il veto a L'isola ha stimolato la rassegna di Tirrenia ad inserirsi con maggiore convinzione in una linea svincolata dalle tradizionali strutture competitive (già dal prossimo anno scompariranno i premi e le classifiche).

Nino Ferrero
Premio a un film di Cima censurato.
Censura e poliziotti anche a Tirrenia, dove ieri sera si è conclusa, in chiave decisamente polemica, la terza Rassegna internazionale del cinema libero. Si sa, la maleodorante "madama Anastasia" è attualmente di nuovo all'offensiva sull'agitato fronte del nostro cinema: sono recentissimi il sequestro di Teorema, le censure a Partner di Bertolucci e al Galileo della Cavani. All'elenco si deve aggiungere il grottesco intervento di Tirrenia dove, prudentemente protetta da un nugolo decisamente sproporzionato di poliziotti, anche "Lei", "Nostra Signora Censura" ha voluto richiamare su di sé l'attenzione dei numerosi partecipanti alla rassegna. Il film, assurdamente bloccato e proibito dai pruriti censori dello zelante di turno, L'isola di Alberto Cima, peraltro già segnalato e proiettato in pubblico al Concorso nazionale di Montecatini, è stato ugualmente ammesso in concorso e premiato con un "Sole d'argento". La giuria ha voluto sottolineare polemicamente il deciso rifiuto "di un istituto che considera sopravvivenza di sistemi profondamente antidemocratici e contrari alla libertà di espressione dell'uomo". All'unanimità, la giuria ha deciso di non assegnare il primo premio in palio nell'intento di favorire "l'abolizione della formula competitiva con classifica" (del tutto priva di motivazioni culturali), "e l'introduzione di un principio di riconoscimento che ponga in opportuno risalto e a pari merito, tutte quelle opere che significativamente contribuiscano alla promozione e allo sviluppo del cinema libero". Di un cinema cioè, completamente riscattato da qualsiasi sollecitazione mercantile, e quindi, in quanto tale, tendenzialmente alternativo, sia nei confronti del cosiddetto cinema industriale, o comunque strumentalizzato dalla classe dominante, sia in quelli della tradizionale produzione cineamatoriale.

Pietro Bianchi
L'isola del non dissenso sconcerta e vince.
L'isola di Alberto Cima, cui è toccato a Rapallo il primo premio della giuria , è un film sincero, malinconico e suggestivo. E' tra i film rari che sfuggono alla tematica fumosa del dissenso per rifugiarsi in un universo di scarse parole, di umanità intristita e umiliata, con domande di tipo metafisico. Le immagini amorose paiono messe lì apposta per denunziare, dietro l'euforica adesione dei sensi, la non comunicabilità degli spiriti.